Intervista ad Alfredo Versace

Questa intervista è stata pubblicata nei bollettini dei Campionati Assoluti a squadre open e femminili 2016
Il pluricampione mondiale Alfredo Versace sarà il coach del Club Azzurro, l’iniziativa che prenderà il via ad ottobre e riunirà le coppie candidate alla Nazionale italiana. I dettagli saranno definiti nei prossimi mesi, ma il Presidente Federale ieri, nella sua intervista, ha anticipato i nomi di alcuni giocatori iscritti.
Come ti senti nel ruolo di talent scout?
Sono contento di avere la fiducia della Federazione e penso di essere all’altezza della situazione. Cerco di giocare il più possibile con i ragazzi quando sono a Roma. Mi piace aiutare i giovani a crescere.
Sei un importante punto di riferimento per molti di loro. Quando eri agli inizi avevi a tua volta un maestro, una guida?
Sì. Sono stato molto fortunato. Il più grande regalo che si possa fare a un ragazzo innamorato del bridge è permettergli di frequentare un campione che possa essere il suo punto di riferimento. Devo ringraziare Maria Teresa Lavazza, che mi ha ingaggiato giovanissimo, portandomi a giocare con Pittalà, Belladonna, Santià… Ho avuto grandi maestri e questo a bridge è fondamentale.
Da cosa capisci se un ragazzo ha talento e può diventare un campione?
Non è solo importante giocare bene. Ci sono tante componenti che unite insieme alla fine ti fanno diventare un campione: carattere, saper soffrire, capacità di accettare i risultati negativi. Lorenzo (Lauria ndr) è il numero uno. Più la gara è importante, più lui riesce a dare il meglio di sé.
Oltre a te e Lauria, la Federazione ha convocato, per i prossimi Campionati Europei, quattro ragazzi giovanissimi (Donati-Gandoglia e Di Franco-Manno) e al loro esordio in Nazionale. Cosa pensi di questa scelta?
È un po’ azzardata, ma sicuramente in futuro ci ripagherà anche delle eventuali sconfitte. D’altra parte, non c’erano molte possibilità: vista la rinuncia di Bocchi, Duboin e Madala alla maglia Azzurra, era impossibile ricomporre la Nazionale di Bali. Alla luce di questo, e del fatto che non possiamo sfruttare la coppia Tokay-Sementa in quanto Tokay non ha il passaporto italiano e non può essere schierato, appoggio l’idea di investire sui giovani.
A proposito di Tokay, pensi che in futuro potrebbe giocare in Nazionale?
Penso che sarebbe un grande valore aggiunto per la Nazionale italiana. Prima di tutto perché recupereremmo Antonio Sementa, fuoriclasse assoluto, e poi perché Tokay è un giocatore di grande talento, che sta crescendo velocemente frequentando la nostra squadra (Angelini, ndr). So che alcuni bridgisti italiani sono scettici, evidentemente perché non guardano i fatti. Un conto è fare la Selezione in Italia, diverso è partecipare a tornei come Spingold, Reisinger e Vanderbilt (le gare di punta dei National americani, ndr), dove incontri i più forti giocatori del mondo. E negli ultimi due anni, Sementa-Tokay hanno raggiunto due volte la semifinale e una volta la finale di questi tornei. Ti sembra poco?
In Italia, però, per giocare in Nazionale non basta la residenza, ci vuole la cittadinanza. Di per sé mi sembra giusto: non mi piace la facilità con cui al giorno d’oggi molti si schierano per altre Nazioni senza nemmeno viverci. Tokay però lavora e abita a Roma e spero che presto possa acquisire la cittadinanza italiana.
Hai appena potuto osservare da vicino i neotitolari in occasione dell’amichevole Italia-Portogallo a Torino. Quali sono le tue impressioni?
Per essere così giovani, sono già abbastanza vecchi! Sono molto seri: mai una discussione al tavolo, e questo mi piace molto. Sono fiducioso che potranno fare bene agli Europei. Del resto, questa è l’occasione della loro vita, una vetrina senza precedenti.
Dal risultato degli Europei dipenderà la nostra partecipazione ai mondiali: solo le prime sei classificate si qualificheranno per Lione. Ce la faremo?
I ragazzi sono bravi, ma allo stesso tempo al debutto e questa è una gara durissima. Olanda, Monaco, Inghilterra, Polonia, Bulgaria… Sono tutte squadre molto forti, che schierano veterani.
Agli Europei prevedi di giocare solo con Lauria o di fare coppia anche con alcuni ragazzi?
Prevalentemente con Lauria. Magari potrà capitare di fare qualche turno in particolare con Giovanni, con cui ho già giocato più volte. Escludo di fare coppia con Manno o Di Franco… usiamo sistemi dichiarativi diversi. Lo stesso vale per Lauria.
Il livello del bridge internazionale è in aumento?
Sicuramente. Ormai tutti utilizzano le strategie che noi abbiamo inventato. Ovvero, tutti studiano a fondo i sistemi avversari, elaborando difese specifiche. Tutti hanno imparato a sviluppare sequenze dichiarative che mettono in difficoltà gli avversari, nascondendo carte chiave quando non serve dichiararle e descrivendo con massima precisione la mano quando invece è utile farlo.
Con tutte le vittorie che hai avuto, ti rimane ancora un’ambizione bridgistica?
Vincere un altro campionato del mondo.
Qual è stato il momento più bello e quale quello più brutto della tua carriera bridgistica?
Il più brutto è stato sicuramente la Bermuda Bowl di Montecarlo, quando abbiamo perso la finale in quel modo così assurdo.
Pensi che in quell’occasione l’Italia abbia subìto un’ingiustizia?
Penso che le regole del gioco abbiano fatto sì che noi potessimo perdere questa finale in quel modo. Penso che potrebbe esistere un regolamento che possa essere cambiato quando stai giocando una finale dei campionati del mondo con determinati giocatori con cui giochi da anni e anni… Ma non posso pensare che qualcuno metta in pratica una cosa del genere, so benissimo che vado contro corrente.
Durante un Campionato mondiale, mi è capitato di fare una renonce contro un giocatore tedesco, Gromoeller. Con quella presa avevo regalato il contratto, ma lui non ha voluto approfittarsi di una distrazione e mi ha fatto ritirare la carta. Ne sono felice perché vuol dire che in questi anni mi sono guadagnato la stima di qualche giocatore.
Il ricordo più bello, invece, è stato vincere per la prima volta la Bermuda Bowl, ad Estoril, nel 2005, quindi due anni dopo. Quando siamo usciti dalla sala, Gianarrigo (Rona, allora Presidente FIGB, ndr) ci aspettava esultando e con la bottiglia di champagne. C’erano anche i nostri compagni, che avevano già finito, e tantissimi tifosi. Un’emozione davvero straordinaria.
Qual è il futuro del team Angelini? Ci sono progetti di riassetto della formazione, anche alla luce degli ultimi avvenimenti, secondo cui la coppia Cima-Giubilo, convocata in Nazionale, è stata ritirata perché si è divisa? (anche se in questo Campionato li abbiamo visti giocare insieme…)
Nessun cambio di formazione in vista. Eventualmente alterneremo un po’ le coppie, come peraltro già fatto in passato.
A proposito di questo. Ci hanno insegnato che l’unità del bridge è la coppia ma vediamo sempre più spesso che proprio le squadre dei “big” riassortiscono frequentemente le coppie… Praticamente, giocano in “terna”.
Se dei giocatori usano lo stesso sistema e sono molto abituati a discutere di bridge fra loro, non ci sono grossi problemi a fare cambiamenti di coppia. L’importante è che ci sia affiatamento.
Il Campionato per la squadra Angelini non sta andando come tutti i tifosi si aspetterebbero. In questo momento siete in zona retrocessione. Pesa la mancanza di Lauria o ci sono anche altri fattori?
Ovviamente la mancanza di Lauria pesa tantissimo, ma siamo anche stati sfortunati e soprattutto pesa il malgioco da parte della squadra.
Prima di lasciarti tornare al tavolo, c’è qualcosa che vuoi aggiungere?
Sì. Quando mi hai chiesto dell’incontro amichevole fra Italia e Portogallo a Torino, tengo molto a fare delle considerazioni.
Antonio Mortarotti ha organizzato questa sfida molto interessante, in una sede carinissima (Idea Bridge). È stato tutto perfetto, Tony si è anche preoccupato di smazzare i board con lo stesso software informatico utilizzato dalla Federazione Europea. Purtroppo, però, ho dovuto constatare ancora una volta che le iniziative costruttive interessano sempre meno ai bridgisti. Nonostante nel sito federale fosse stato esteso a tutti i giocatori dei dintorni l’invito a venire ad assistere all’evento, nonostante si potesse vedere all’opera una Nazionale così giovane, di cui dobbiamo essere orgogliosi, c’erano forse tre o quattro spettatori. Che delusione.
Hai fondato una ASD, l’Università del bridge. Con questa esperienza, conosci sicuramente le dinamiche delle Associazioni. A cosa attribuisci la scarsa partecipazione a iniziative apparentemente irresistibili?
E’ sicuramente cambiato l’atteggiamento dei bridgisti. Una volta si passava la sera al circolo: ricordo che da bambino stavo ore e ore a guardare Garozzo, Belladonna… Tutti si fermavano a discutere le mani dopo il torneo e così a ogni torneo si imparava qualcosa di nuovo. Adesso, se i giocatori sanno che ad un simultaneo partecipano Lauria-Versace… vanno in un’altra Associazione a giocare, così hanno più probabilità di vincere e fare punti. Lo trovo assurdo.
Gran parte della colpa di ciò è che esistono troppe Associazioni. A New York ce ne sono quattro, mentre in una città come Roma più di venti. Questo comporta tante spese di gestione e un servizio peggiore per i tesserati. Alla lunga è ovviamente dannoso per il bridge, quindi per tutti noi, perché le persone più valide perdono l’entusiasmo.
Come ha detto il Presidente nella sua intervista ieri, penso che le Associazioni dovrebbero accorparsi per il bene del bridge. E aggiungo: è ora di abolire i premi in denaro, come all’estero è già avvenuto da vent’anni!
Grazie Alfredo, come sempre, per la tua grande disponibilità.