
Con tante squadre forti qui mancanti per vari motivi, in molti incontri, a tutti i livelli, ha spesso regnato un grande equilibrio, il quale ha reso questa edizione della Bermuda Bowl una delle più spettacolari di sempre.
Ieri il massimo lo si è toccato nella Bermuda Bowl vera e propria, ovvero la competizione open, dove entrambe le semifinali si sono decise sul filo di lana, e Polonia-Inghilterra addirittura a sei sole carte dalla fine.
Da una parte, gli svedesi e USA 2 si sono pressoché equivalsi per tutte le novantasei mani, con gli americani che si sono presentati davanti di 11,7 quando mancavano le ultime sedici. Quel vantaggio ha resistito a lungo, poi è cominciata un’alternanza al comando, infine la Svezia ha incassato un decisivo, grosso swing a tre mani dalla fine quando gli statunitensi hanno mancato uno slam dichiarato in tutti gli altri tavoli (meno uno). C’era ancora da sperare – le mani, come vedremo, si prestavano – ma di fatto l’incontro si è chiuso lì. Svezia in finale grazie al 248-241,7 complessivo (i più attenti avranno notato che il Carry-Over di USA 2 era di 16 IMP, dunque non avrebbero dovuto esserci dei decimali, ma gli americani sono stati penalizzati di 3,3 IMP per gioco lento).
Da cardiopalma invece l’altra semifinale, anch’essa vissuta in perenne equilibrio. In realtà, i polacchi l’hanno condotta lungo tutto il percorso, ma il vantaggio è sempre stato molto contenuto, ed in particolare era di 19 IMP prima dell’epilogo.
Gli inglesi hanno cominciato l’ultima frazione a spron battuto, inanellando un top dopo l’altro, fino quasi a staccare gli avversari, ma a quel punto un colpo di fortuna (diciamo così!) dei baltici – uno slam non migliore del 10% (beh, lascio ai matematici il calcolo: richiedeva il J secco o secondo in un resto di sei carte, e le • non 5-0; tuttavia, a carte su poteva benissimo essere nullo) – li ha riportati in testa. Inglesi di nuovo davanti grazie a due pesanti swing da 15 IMP l’uno, consecutivi, e Polonia riavvicinata sul 201-205,3 con quattro mani da giocare in forza di un bizzarro 1
x+1.
Pari la 29 in 6•, pari la 30 in un 3NT per niente ovvio da fare, e probabilmente regalato (beh, al minimo “aiutato”) da Klukowski in aperta (in chiusa, dopo la sottoapertura di Sud il dichiarante giocava quasi a carte viste), pari la 31 in 3mi, in una mano dove salire il gradino fatale era possibile. E si è così giunti alla 32, novantaseiesima mano del match, e come direbbe Prevert, si era a Chennai, “sulla terra, sulla terra che è un astro”.
In chiusa, i polacchi avevano segnato +130 in 3+1, ovvero il miglior risultato possibile per EO, ma che sembrava non troppo brutto per gli inglesi. Ad li là, infatti, della facilità di arrivarci, gli avversari potevano competere a 3
o a 3
, ma entrambi i contratti – e specie il secondo – non erano mantenibili (in 3
la difesa deve fare un pochino di attenzione, ma non poi troppa). Insomma, sembrava finita, ma non per Piotr Gawrys.
Il campione polacco, infatti, forse fiutando la situazione, ha scelto il momento opportuno per aprire di 1NT con 14 e la 2452, così sterilizzando le Fiori avversarie (al giorno d’oggi, 2 naturale su 1NT non esiste più, né, evidentemente, Forrester-Robson avevano modo di entrare in licita per via artificiale), e portando la sua coppia a 2
(non è stato certo sfortunato a trovare una quinta nobile a Sud: se questi non l’avesse avuta, 1NT sarebbe caduto di almeno due prese). Il contratto era quanto mai precario, e richiedeva anche qualche valutazione corretta per niente ovvia, infine, bisognava indovinare il finale. Gawrys è passato indenne da tutti i marosi, e quando si è arrivati al redde rationem Robson, probabilmente esausto, ha inopinatamente messo l’A
risparmiando così all’avversario la decisione che poteva essere fatale (diciamo pure che lo sarebbe quasi sicuramente stata: per fare la mano il polacco doveva giocare contro le probabilità). Fine dei giochi: 6IMP ed il match per 207-205,3. Ma non era davvero finita.
l’Inghilterra aveva in realtà ancora due frecce al suo arco, nella forma di due decisioni arbitrali pendenti. Una è stata liquidata subito, ma l’altra si è protratta fino a dopo la mezzanotte (coinvolgeva il famoso slam “fortunatello”). Senza entrare nei dettagli, c’era un problema di esitazione (lunghissima, oltre sei minuti) nella licita. Il pannello di esperti consultato ha unanimemente deciso che non c’erano alternative al chiamare slam (o meglio, che l’esitazione non influenzava la decisione finale), ed il risultato è stato alfine mantenuto. Oggi vedremo dunque Svezia-Polonia in finale, e sabato una nuova squadra si aggiungerà al ristrettissimo club delle vincitrici della Bermuda Bowl, al quale appartengono solo USA (17 vittorie), Italia (14), Francia e Olanda (2), e Brasile e Islanda con una ciascuna. Si giocheranno otto tempi da sedici smazzate ciascuno.
Sarà invece Francia-USA 2 la finale della Venice Cup, e qui si hanno squadre entrambe già viste sul primo gradino del podio. Sia le une che le altre hanno vinto agevolmente contro Inghilterra e Olanda rispettivamente, ed in entrambi i casi da leggermente sfavorite, ma conducendo senza problemi dall’inizio alla fine.
Infine, il grande Hamman avrà la sua prima chance di vincere un mondiale Seniors dopo le dieci Bermuda Bowl, un Olimpiade e un mondiale a coppie open già appesi alla cintura. USA 1 ha infatti battuto senza problemi la consorella USA 2 (216,5-169), e se la vedrà con la Svezia, sopravvissuta ad una dura battaglia contro la Polonia, dopo aver rintuzzato nell’ultimo parziale la rimonta organizzata dagli avversari nella frazione precedente: 189,7-161 il risultato finale. Da notare come entrambe le squadre svedesi siano arrivate ottave nel Round Robin. Per signore e Seniors novantasei mani ancora.
Sarei tentato di risparmiare i pronostici, ma non avrei così la soddisfazione di sbagliarli. Difficile scegliere tra Polonia e Svezia: sono due squadre molto diverse, sia come mentalità che come sistemi giocati. Molto più classici e tecnici i baltici, molto più aggressivi e super convenzionali gli scandinavi, i quali hanno forse a loro svantaggio un minor talento complessivo, ma possono vantare una maggiore solidità nervosa. A voi la selezione.
Quasi impossibile anche la Venice Cup: le due squadre giocano un bridge praticamente uguale, con solo una maggiore punta di aggressività in più, a partire dalle aperture, dal lato americano. Anche qui, esprimersi in un senso o nell’altro sarebbe fuori luogo.
Non così nel d’Orsi Trophy, dove USA 1 non può non godere dei favori del pronostico: oltre a Bob Hamman, infatti, presenta fenomeni come Rosenberg e Zia, e giocatori formidabili come Lair e Lall. Inoltre lo sponsor, Reese Millner, non è malaccio. Insomma, enorme talento, enorme qualità tecnica, e formidabile esperienza. Dall’altro lato, gli svedesi non hanno nulla da perdere, ed hanno dimostrato di avere una solidità a prova di bomba.