Vittorio Fellegara

Quasi in punta di piedi se n’è andato un altro grande del Bridge. Ero un ragazzino che a mala pena conosceva le regole del gioco, quando ascoltavo mio padre parlare dei giovani emergenti di Genova, Branzini e Fellegara.
Vittorio è stato, come sono stati anche altri di quella generazione, un vero alfiere del Bridge. Perché ha saputo essere allo stesso tempo un grande giocatore – lo ricordiamo in nazionale agli europei del ’77 in coppia con Arturo Franco – ed anche un vero signore, un gentleman del tavolo verde. Coniugare queste due qualità al giorno d’oggi sembra impresa davvero ardua. Ma sono le testimonianze come la sua che possono farci comprendere almeno una, se non la più importante, delle ragioni per cui il nostro mondo non ha più trovato negli anni recenti il ricambio generazionale di cui ha tanto bisogno. Appartenere al mondo del Bridge, quaranta o cinquant’anni fa, era un privilegio riconosciuto socialmente. Perché significava, a differenza di quando accadeva con altri giochi ed altre frequentazioni, condividere un momento ludico di puro divertimento intellettuale quasi sempre con persone di comprovata cultura e moralità. Non racconterò di Fellegara alcuna delle sue innumerevoli belle giocate tecniche, bensì un episodio singolare che ne rivela la personalità. Giocavo in squadra con Vittorio durante un campionato delle Regioni. Trovatosi a maneggiare quattro Picche contrate nel silenzio avversario il mio compagno seppe trovare una linea di gioco vincente sia con la 5-0 che con la 4-1 dei resti delle atout. Purtroppo per lui le atouts erano divise tre e due e Vittorio cadde di una presa subendo beffardamente due tagli incrociati che avrebbe altrimenti potuto facilmente evitare. Con naturalezza si rivolse al suo avversario, un buon giocatore di Ferrara, chiedendogli spiegazione della sua dichiarazione, ma quello non domo gli rispose. “Beh, ho contrato perché se no… le giochi comode!” Vittorio accennò un breve sorriso, ma di seguito continuò complimentandosi con lui e ridendo senza alcun sarcasmo di se stesso e delle sue scelte. Ci mancherai, Vittorio.
Ruggero Pulga