Gli Over 60 visti da un (finto) giovane

Caro ,
è un po’ di tempo che non ti scrivo, ma mi ha solleticato la lettura, nella tua Home Page, degli “Appunti di un partecipante al Festival Over 60”.
In particolare un passaggio della sua prima cronaca:
“E’ un fatto che la base del Bridge in Italia purtroppo invecchia e scarsi, o comunque non adeguati, risultano i ricambi”.
Ancora una volta sentiamo il bisogno di ricordarci che c’è qualcosa che non va.
Si badi bene, l’affermazione è esatta e non intendo addebitare alcunché a chi l’ha scritta.
Però ammettiamolo, sentirci ripetere sempre i nostri difetti non solo ci ha stancato, ma è anche controproducente. È un po’ come tornare a casa la sera con tante cose da raccontare e trovare tua moglie, che senza farti parlare, ti sciorina tutto quello che non va; sai che ha ragione, ma il più delle volte stacchi il cervello e vai a cuccia sul divano.
Che fare allora, far finta di niente? Non è questo il rimedio, però una volta tanto vogliamo a provare a cercare le cause dentro di noi anziché fuori? Posso dirvelo? Io ci ho provato.
Sarà che mi è sempre piaciuta l’esortazione di Kennedy, il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca:
“Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”
allora mi sono messo in gioco e interrogato sull’evidenza che pur avendo i corsi pieni di gente, poi solo due o tre proseguono.
Dove abbiamo sbagliato? Ci siamo scordati un’atout in mano all’avversario? Abbiamo fatto una renounce? Ci siamo bloccati in mano? Non abbiamo tagliato al morto?
Ho iniziato a parlare con i nostri Allievi, non solo alla fine del corso, ma per tutta la sua durata.
Bene, caro BD’I Online, ti svelo un segreto (che sai già): gli Allievi, quando si siedono al tavolo, con i chili di informazioni che gli abbiamo propinato e che pesano sul loro cervello, sono pieni di dubbi e di paure. Guardano le carte, contano i punti, tremano e sbagliano, sbagliano tantissimo.
Quando arrivano al nostro tavolo li guardiamo come Ezechiele lupo con i tre porcellini, ci facciamo venire l’acquolina in bocca per la surlevée che ci regaleranno o per quella che negheremo loro. E dopo averli divorati, ciucciando il codino soddisfatti, spieghiamo loro dove hanno sbagliato, bla bla bla.
Quando uno di loro manifesta doti insospettate e inizia a giocare meglio di noi diventiamo tenerissimi proponendogli di far coppia qua e là, ma gli altri… che ci pensi qualcun altro a farli diventare veri “uomini”!
Poi andiamo al bar del circolo a discutere le mani, a dire che non ci sono più i tornei di una volta e che anche le mezze stagioni non stanno troppo bene.
Cosa puoi fare tu per il tuo paese?
Non tutti abbiamo doti di insegnamento e lasciamo pure che ci pensino altri ad allestire i corsi.
Però guardare una persona che umanamente non di rado è migliore di te e solo momentaneamente è un tuo sottomesso, bridgisticamente parlando, con l’occhio benevolo dell’amico non ti costa molto.
In fondo lo fai o l’hai fatto tante volte prendendo per mano i tuoi figli.
Che ti importa arrivare ultimo ad un torneo assieme a lui o lei, temi che il tuo ego possa risultarne compromesso? Magari ti fa anche bene.
Personalmente trovo maggior soddisfazione arrivare fra i primi con un mio Allievo piuttosto che vincere un torneo con mio figlio, anche perché nel secondo caso tutti danno il merito solo a lui…
Allora cari Over 60, vi ho incontrato in tanti lo scorso giovedì a Riccione e ho visto dei volti sorridenti e seri allo stesso tempo, continuate ad esserlo nei vostri circoli. Seri col Bridge, ma sorridenti col mondo. Vedrete che il mondo vi ricambierà.
Rispettosamente, il vostro
Daniele Donati