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Gianpaolo Rinaldi: un buon coach deve sapere non essere equo

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Gianpaolo “Giagio” Rinaldi è il coach del Club Rosa. L’incarico gli è stato affidato in parallelo alla sua attività quasi ventennale di commissario tecnico della nazionale italiana under 26.

Ci racconti come è nata l’iniziativa del Club Rosa?

Il Club Rosa è stata un’idea del vicepresidente Mario D’Avossa, che teneva e tiene particolarmente allo sviluppo del bridge femminile nazionale. Mario è stato il vero e proprio deus ex machina di questa iniziativa. Ha voluto fortemente le selezioni per la nazionale femminile e ne ha stabiliti i criteri.  Ha tenuto molto al fatto che tutte le giocatrici interessate potessero provare ad accedere al Club Rosa; c’è stata quindi una prima selezione su base locale e aperta a tutti.

Le 16 coppie che hanno avuto accesso al Club Rosa tramite le prime fasi di selezione hanno compiuto un lungo percorso formativo e competitivo durato un anno. Quanti stage avete fatto in questi dodici mesi? Come si sono svolti?

Si sono tenuti tre stage, di cui solo uno esclusivamente tecnico e svincolato dai fini della selezione. Per quanto riguarda gli altri due stage, uno distribuiva punti, ma in percentuale inferiore rispetto a quello che è in corso ora, in cui vengono assegnati il 50% dei punti.

Di quali elementi si compone una coppia vincente? Quanto contano in percentuale affiatamento, tecnica, sistema dichiarativo, carattere…?

Credo che si debba fare una piccola differenza fra le coppie open e le coppie femminili o juniores. Le coppie open sono costituite da professionisti assoluti, per i quali tecnica, sistema dichiarativo e tutto ciò che ha a che fare puramente col gioco sono aspetti assolutamente fondamentali. Le coppie femminili e juniores, invece, spesso non hanno un livello tale di tecnica. Nel loro caso hanno molta influenza la tranquillità di coppia, la serenità al tavolo e la capacità di non subire l’affanno della competizione. Inoltre, è essenziale la stima nel compagno, qualunque cosa succeda. Certo, questi aspetti sono importanti anche a livello open, ma influiscono meno.

E quanto conta l’affiatamento della squadra?

Anche in questo caso ci sono esempi singolari che fanno capire come il bridge maschile e femminile possano divergere. Ricordo che la Francia ha vinto un campionato del mondo open ad Hammamet (nel 1997. Formazione: Paul Chemla, Alain Lévy, Christian Mari, Hervé Mouiel, Franck Multon, Michel Perron n.d.R.) con una squadra formata da tre coppie che non si rivolgevano la parola. Addirittura, all’interno delle singole coppie alcuni giocatori erano in conflitto. Sembra che gli uomini riescano a sopportare di più la tensione all’interno del gruppo giocando comunque al meglio. In campo femminile, secondo me, ciò non può succedere, l’armonia è essenziale, o almeno questo è quanto ho potuto constatare dalla mia esperienza al seguito delle nazionali juniores e femminili e dall’osservazione di molte gare open.

Invece, come deve essere un buon allenatore?

Rispondere a questa domanda è difficile, visto che sono io stesso un allenatore. Posso dire “come me”? Scherzo.
Un buon allenatore deve innanzi tutto avere il coraggio di non essere equo. Mi spiego. E’ difficile che in una nazionale ci siano tre coppie dello stesso valore; generalmente ce n’è almeno una superiore alle altre. Bisogna quindi saper prendere delle decisioni e non aver paura di schierare prevalentemente le coppie più forti e più affidabili.
E’ fondamentale che la squadra sia perfettamente consapevole di questo. Le coppie meno forti devono sapere di essere secondarie rispetto alla prima, in modo che eventuali tensioni negli spogliatoi legate alle preferenze dell’allenatore vengano scoperte e affrontate subito e non in sede di gara. Avvertire la squadra che una specifica coppia avrà più peso provoca lì per lì invidie e dissapori, come mi è più volte capitato, ma è fonte di grande tranquillità durante la competizione, quando ognuno sa cosa aspettarsi. In questo modo si affronta più serenamente la competizione.
Per il resto, bisognerebbe saper tenere su la squadra quando perde e calmarla quando vince. Spesso, però, nemmeno io ci riesco. Sono molto bravo a calmare la squadra quando vince, ma, per quanto riguarda il tenerla su quando perde, spesso non ci provo… E comunque non ci riesco mai.

Siamo giunti all’ultimo atto del Club Rosa, dal momento che questa sera tre coppie diventeranno “azzurre”. A che tipo di percorso formativo andranno incontro?

La mia intenzione è di fare alcuni stage di carattere tecnico, probabilmente facendo partecipare anche una quarta coppia di riserva, costituita con meccanismi da definire. Non credo che partecipare ad altri tornei internazionali possa essere utile, dal momento che le coppie hanno già giocato tantissimo e che queste gare sono a livello open, dunque si troverebbero ad avere a che fare con un bridge diverso.

Se una delle coppie di ragazze juniores che sta partecipando a questa selezione riuscisse a ottenere il posto nella nazionale femminile, le ragazze si troverebbe a rivestire contemporaneamente due ruoli: titolari della nazionale femminile under 26 e titolari della nazionale femminile maggiore. Quali possono essere  i possibili risvolti?

Questo effettivamente costituisce un piccolo conflitto di competenze. Il coach della nazionale femminile under 26 è Emanuela Capriata, che sta facendo un ottimo lavoro con le ragazze, che si sono anche qualificate per i mondiali che si terranno a Istanbul in agosto. Emanuela le allena e tiene molto a svolgere il suo compito in modo indipendente. C’è però da dire che alcune ragazze potrebbero presto non solo far parte della nazionale femminile maggiore, ma anche della nazionale juniores open, fatto non da escludere, dal momento che ci sono anche dei precedenti, come la convocazione di Irene Baroni nella squadra. Questo costituisce un piccolo problema, soprattutto per l’affiatamento di coppia, perché in ambito open una ragazza potrebbe giocare con un diverso compagno. Ciò comporterebbe un differente allenamento, anche solo perché è differente il compagno. Comunque, per il momento dobbiamo convivere con questa situazione, perché la nazionale femminile under 26 è qualificata per i mondiali, per cui è giusto che si alleni per conto suo.

Nel tuo lavoro di coach, che impatto hai sulle coppie? Quanto influenzi le scelte di sistema,  segnali difensivi e così via?

Molto poco, soprattutto per quanto riguarda la dichiarazione in attacco e i segnali difensivi. Ho a che fare con giocatori piuttosto consolidati, che non hanno troppo da imparare in tema di tecnica. Devono però fare molta esperienza e al contempo hanno tantissimo da imparare quanto a competizione. Quindi, cerco di orientare il mio lavoro soprattutto sugli accordi in competizione, che spesso sono un po’ tralasciati a favore del sistema in attacco. Attualmente, sapersi muovere in competizione è essenziale, poiché queste situazioni sono sempre più numerose.

A parte il lato puramente bridgistico, sono previste nella preparazione dei giocatori attività a carattere puramente sportivo di allenamento? Preparazione alla gara, varie forme di training…

No, anche se non sarebbe male farne. Purtroppo però richiederebbero l’intervento di personale specifico e di conseguenza un impegno economico importante. Il bridge non è fisicamente molto meno stressante degli altri sport; lo è a livello di fatica, ma questo non significa che non sia impegnativo tenere la concentrazione per dieci giorni di gara.

Le tre coppie vincitrici della selezione andranno ad Opatija, dove affronteranno le squadre femminili più forti d’Europa. Quali sono le rappresentative più temibili?

L’Olanda in primis. E’ probabilmente la squadra più forte in questo momento, le giocatrici sono navigate e, anche se non mi entusiasmano tecnicamente, sono sempre ai vertici e abituate alle competizioni. Poi sicuramente la Francia, l’Austria, la Polonia, l’Inghilterra, la Russia… per riassumere diciamo per prima l’Olanda e poi la Francia. Comunque, ogni campionato fa storia a sé.

Qual è secondo te la giocatrice più forte della storia?

Rina Jabes. E’ stata una titolare della nazionale italiana femminile, con cui ha vinto moltissimi titoli. Inoltre, è stata World Life Master della WBF.

Rina Jabes (1914-2010) ha vinto due Olimpiadi femminili consecutive, un argento alla Venice Cup di Venezia e quattro Campionati Europei Femminili consecutivi a partire dal 1970. Inoltre, ha vinto due Campionati a Squadre femminili del MEC (1971 e 1973) e diversi titoli nazionali. Le venne anche conferita l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro per meriti sportivi. (fonte: infobridge.it)

Qual è stata la più grande soddisfazione di coach?

Certamente i titoli mondiali. Mi piace soprattutto ricordare il primo, nel 1999, perché i componenti della squadra erano Mario D’Avossa, ora vice-Presidente FIGB e ideatore del Club Rosa. Mario giocava con Mallardi, che purtroppo ha smesso di giocare. Nella formazione c’erano Riccardo Intonti, in coppia con Bernardo Biondo, e i fratelli Stelio e Furio Di Bello, gli unici nella storia italiana ad aver vinto due titoli mondiali juniores.

La più grande delusione?

Non ho avuto enormi delusioni, perché la sconfitta arriva lentamente, si sa prima… I risultati negativi non sono quasi mai inattesi. Si vede subito quando la squadra non ingrana, il coach sa se la formazione che ha con sé può vincere o meno.

RinaldiGianpaolo Rinaldi, Commissario tecnico della nazionale juniores e coach della nazionale femminile.
Sotto la sua guida, gli “azzurrini” hanno ottenuto  due ori mondiali (World Youth Team Championship, Florida 1999 e Parigi 2003), due ori europei (European Youth Team Championships, Vienna 1998 e Torquay 2002), un argento mondiale (Bangkok 2006), un argento europeo (Jesolo 2007) e numerosi titoli ai campionati universitari.
A giugno ha accompagnato le due rappresentative italiane femminili a Ostenda per gli European Open Women Teams Championship, in cui la squadra Italy I (C. Ferlazzo, G. Manara, S. Paoluzi, A. Rosetta, I. Saccavini, M. Vanuzzi) ha vinto la medaglia di bronzo.

Francesca Canali

Francesca Canali da alcuni anni è responsabile della trasmissione Vugraph durante i Campionati. Da Gennaio 2013 collabora con la sala stampa della FIGB.

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