
Dedicato a un grande del Bridge
Con molto rammarico, anche se non lo conoscevo personalmente, ho appreso della scomparsa di Jean-Renè Vernes, avvenuta il 17 settembre scorso, proprio mentre stilavo questa serie di note, che avrei avuto piacere di sottoporre al suo più che competente parere.
Personalità poliedrica, che spaziava dalla metafisica ai giochi da tavolo strategici e al bridge, Vernes è stato autore di saggi filosofici, ideatore del celeberrimo Risk (Risiko) e scopritore dell’ormai popolare Legge delle prese totali.
Anche se non affermato come giocatore, ha rappresentato un personaggio di spicco nel mondo del bridge degli ultimi cinquant’anni e si è dedicato con passione agli aspetti teorici e statistici della fase più delicata del gioco, la dichiarazione, in particolare quella competitiva.
Gli articoli che seguiranno li dedico alla sua memoria, un più che doveroso omaggio a un pioniere della teoria della dichiarazione competitiva, affrontata con rigore scientifico.
Articoli che vanno interpretati come critica costruttiva su un argomento ancor oggi alquanto controverso, piuttosto che intesi a screditare autori che hanno profuso sforzi e idee al fine di migliorare il nostro gioco.
Un grazie a Jean-Renè per averci indicato una strada verso tale scopo.
AL TAVOLO TUTTO PUO’ SUCCEDERE
Probabilmente l’articolo precedente non vi ha convinto, ma se state leggendo queste righe vuol dire che perlomeno vi ha incuriositi.
D’accordo, niente più mani inventate e niente mani cercate con il lanternino nei più disparati tornei.
Gli esempi che analizzeremo sono stati scelti come prove “a favore” della Legge dal suo più strenuo promotore e divulgatore, Larry Cohen, e riportati nel suo libro “To bid or not To bid” (1992).
Sono smazzate giocate prima della riscoperta della Legge, ma penso che sarebbe andata come è andata anche se i protagonisti fossero stati consapevoli dei dettami di Jean-René Vernes.
AL POSTO DI VITO PITTALA’
Siamo alla Bermuda Bowl di Rio de Janeiro nel 1979. Seduti in Sud, al posto del campione italiano Vito Pittalà, ricevete le seguenti carte, in zona contro prima:
K9732
94
AQ10
J82
E la dichiarazione si sviluppa così:
Cosa pensate di dichiarare?
Di fronte a voi siede Giorgio Belladonna, un “monumento” del bridge mondiale, e non vorrete certamente peccare di ingenuità.
Avete tutto il tempo per analizzare con calma la situazione e non dimenticate che state giocando un Campionato del Mondo contro la squadra USA, eterna rivale di tutto rispetto, come dimostra la loro aggressività licitativa con il salto debole di Paul Soloway e il rialzo di Bobby Goldman, favoriti dalla situazione di zona.
La ricerca della manche è obbiettivo prioritario in una competizione a squadre e quindi dovete decidere se vale la pena fare un tentativo di manche o accontentarsi eventualmente di punire gli avversari
Pittalà decise di dichiarare 4 e … il contratto cadde di una presa.
L’analisi di Cohen al riguardo è forse un po’ troppo affrettata.
Secondo l’autore americano il numero presumibile di atout è di 8 carte di Quadri per Nord-Sud (ma potrebbero anche essere 9) e 8-9 carte di Cuori (ma potrebbero anche essere 10) per Est-Ovest per un totale di 16-17 atout e 16-17 prese.
In questa situazione di zona la Legge sconsiglia una dichiarazione a livello di 4: se si fanno 10 prese gli avversari vanno 2-3 down a livello 3.
Cohen si dilunga sull’opportunità o meno di dichiarare il parziale a Quadri rispetto alla più conveniente penalizzazione avversaria, ma sicuramente Vito Pittalà non era giocatore da dichiarare con leggerezza.
Questa la smazzata completa:
Bermuda Bowl 1979
Secondo il metodo di Vernes ci sono solo 16 atout e 16 prese totali, come risulta nella realtà. E’ vero che gli americani avrebbero pagato 3 down a 3 dichiarate da Goldman, ed è anche vero che in quella situazione di zona non vi è Par per un parziale e quindi non bisognerebbe competere a livello 4.
Ma soffermiamoci un momento su questa smazzata, anche perché ci tocca da vicino, visto che ha come protagonisti due dei nostri migliori campioni, purtroppo scomparsi. La dichiarazione di 4 di Pittalà è proprio da criticare? Si può davvero pensare che un giocatore della sua esperienza, Legge delle prese totali a parte, non abbia tenuto conto della possibilità di punire vantaggiosamente gli avversari invece di difendere contro un parziale? La verità è molto probabilmente un’altra.
Innanzi tutto l’analisi a doppio morto rivela che l’intuizione di Pittalà su una probabile manche era giusta.
Infatti per N-S ci sono 3 Senza su qualsiasi attacco. Ed anche 4 (!), che però in pratica non sono stati realizzati.
Pittalà non voleva giustamente accontentarsi di un paio di down a fronte della possibilità di conseguire la manche in zona. E magari anche qualcosa di più.
Dopo il passo di Giorgio Belladonna sul 3 (non poteva dichiarare direttamente 3 Senza non sapendo se dopo il fermo a Cuori, ammesso che ci fosse, si avevano altre 8 prese battenti) diventava difficile dichiarare 3 Senza da parte di Pittalà (sarebbe stato bello avere a disposizione il contro invertito).
La manche poteva comunque esserci a Quadri o a Picche, in una eventuale 5-2.
Variazioni sul tema
Bermuda Bowl 1979
Stessa distribuzione originaria, stessi punti sulle due linee, ma Nord ha l’Asso di Picche (molto più probabile vista la dichiarazione) invece del K e del J di Cuori: 5 sono ora di battuta, come 4
(+600 o +620), contro 3 down degli avversari (-500).
E i conti con la Legge non tornano più: 17 prese totali contro 16 atout (8 Quadri + 8 Cuori) o 16 prese totali contro 15 atout (7 Picche + 8 Cuori).
E la smazzata si presta ad ulteriori piccoli cambiamenti, possibilissimi a carte coperte.
Proviamo ad ipotizzarne una conforme alle informazioni fornite dalle dichiarazioni. Est dovrebbe avere la sesta di Cuori, avendo licitato a salto in barrage debole, ed Ovest potrebbe avere 4 carte d’appoggio, visto il rialzo, lasciando Nord con il singolo a Cuori, la sesta di Quadri e probabilmente 2 carte di Picche (il che spiegherebbe il suo passo) e 4 di Fiori, come nel diagramma seguente.
Bermuda Bowl 1979
Belladonna non può contrare le Cuori, non può appoggiare le Picche e non può ridichiarare le Quadri con quel colore piuttosto anemico e decide di passare in attesa di sviluppi, e poi sull’appoggio a Quadri con la mano reale naturalmente passerebbe, mentre con quella ipotizzata c’e ancora manche a Picche ed anche di più.
N-S possono ora realizzare il piccolo slam a Quadri (+1.370) ed E-O sempre 6 prese a Cuori (-500 se contrati a livello 3), per 18 prese totali contro 19 carte di atout. E Belladonna sicuramente non si sarebbe fatto sfuggire lo slam!
Allora, non vi sembra che quest’ultima distribuzione possa essere più coerente con la dichiarazione, e che comunque valesse la pena fare un tentativo almeno per la manche?
Ve li immaginate i sogghigni di E-O contrati a 3 (3 down, -500)?
Mi dite che Soloway, con la sesta di Cuori, avrebbe anche potuto dichiarare subito 3 Cuori? Ma non sapeva se c’era o non c’era il fit nel colore, mentre con 2
avrebbe anche potuto passare su un ripiego a 3
, senza rischiare un bagno colossale con la sua mano sostanzialmente bilanciata.
E Goldman, perché non ha rialzato a 4 se aveva l’appoggio quarto? Un tentativo di depistaggio sulle reali forze in gioco (di punteggio e distribuzione) o saggiamente prudente (visto che a livello 3 è già 3 down e a livello 4 avrebbe pagato 800) con quell’apertura minima e senza valori di taglio? Anche se in prima contro zona, non valeva la pena competere ad alto livello, visto che gli avversari avevano già annunciato due colori ed erano in grado di valutare al meglio il proprio fit.
Tutto ciò a dimostrazione del fatto che, al di là della Legge delle prese totali, al tavolo si fanno ben altre considerazioni nel tentativo di raggiungere il contratto migliore.
AL POSTO DI KIT WOOLSEY
Ed ora un esempio davvero simpatico, sempre tratto dal primo libro di Cohen, che dimostra come il bridge si riveli, nonostante tutto, bizzarro e imprevedibile, il che contribuisce ad accrescerne il fascino.
Prendete il posto del campione americano Kit Woolsey, in Ovest tutti in seconda, con queste carte e con il vantaggio di conoscere bene la Legge, che all’epoca doveva essere ancora “riscoperta”:
Q
QJ105
KQ10974
K6
Dopo il passo dell’avversario di destra (Zia Mahmood), aprite di 1 con una mano che vi piace poco (punteggio minimo, senza assi, la Dama di Picche sprecata proprio nel singolo).
L’avversario di sinistra interviene con 1 e il contro negativo del vostro compagno viene zittito dal 3
di Zia, appoggio a salto debole.
Grazie al metodo di Vernes potete prevedere 17 prese totali (9 carte di Picche per gli avversari + 8 carte di Cuori per la vostra linea).
In base al PAR non è conveniente competere in un parziale a livello 4 e quindi passate, così come è avvenuto al tavolo. Imperterrito, e un po’ sfrontato, l’avversario di sinistra rialza a 4 (ma l’ha sentita la licita?), il vostro compagno passa e voi, sempre pensando alla Legge delle prese totali, ai punti onori che dovrebbero essere più o meno equamente divisi sulle due linee e alla vostra mano senz’Assi che pur sbilanciata non è proprio sbilanciatissima, vi dite che se anche fossero 18 le prese totali non vi conviene difendere a livello 5 e, magari dopo un pensierino ad un contro punitivo, decidete comunque molto saggiamente di passare, così come è avvenuto al tavolo.
La smazzata completa:
E la dichiarazione:
Avete ben 22 punti sulla linea e il vostro partner vi porta due magnifici Assi.
Il punteggio più o meno equamente suddiviso tra le due linee è condizione per l’applicabilità della Legge ma, come potete constatare, gli avversari realizzano facilmente 5 (anche 6 su attacco di A di Cuori) e voi 4
(giocati da Ovest sull’attacco illuminato di piccola Picche da Nord, o A di Fiori e sempre piccola Picche, altrimenti ne realizzate 5).
In questa smazzata ci sono ben 21 prese totali (ma in pratica ce ne potrebbero essere anche 22 o 23) contro 17 atout e avreste potuto convenientemente difendere fino a livello di 6 o 6
per 2 down (-500) contro 5 Picche (+650).
Volete biasimare Est? Ha fatto solo il suo dovere perché, a parte i 2 Assi, la sua mano non ha altri valori, neanche distribuzionali.
Il Sud al vostro tavolo si è comportato egregiamente ostacolando la vostra dichiarazione e, nonostante la sua manifesta debolezza, Nord ha deciso di chiudere a manche, valutando al meglio le potenzialità della propria distribuzione.
Rammaricati per la mancata difesa, state ancora pensando perplessi a Vernes e alle prese totali, quando vi portano lo score dell’altra sala (tutti giocatori di levatura mondiale).
Macché Vernes, macché prese totali: 3 PICCHE, i vostri compagni hanno giocato solo 3 (+3)!!
Forse una questione di valutazione della mano, forse di sistema dichiarativo?
Consolatevi.
Per non aver difeso ci avete rimesso solo 2 IMP.
In questo caso la Legge delle prese totali si è rivelata completamente fuori misura.
La smazzata è citata da Cohen nel suo libro come esempio di dichiarazione debole di appoggio con 4 carte in barrage (il salto a 3 di Zia), che ha impedito agli avversari di trovare una remunerativa difesa a livello di 5 o di 6. Ma tanto nell’altra sala …
Un Pittalà troppo aggressivo e un Woolsey troppo timido? In un caso la Legge risultava esatta ma l’esperienza e le probabilità spingevano a infrangerla, nell’altro era assolutamente errata (una differenza di ben 4 prese rispetto al numero di atout) e forse era meglio tener conto di altri fattori.
Comunque abbiamo visto che le circostanze al tavolo condizionano, e giustamente, il giudizio e le decisioni dei giocatori, portandoli a fare scelte che nulla hanno a che vedere con la Legge.
In barba al numero di atout è la valutazione della mano e l’affiatamento tra compagni che conta.
Ma non è finita qui. Altre sorprese vi aspettano.